Centro del piano nobile del palazzo costruito al «Vallantinum», il Salone d’onore o Gran Sala è il nodo della ristrutturazione del primo Seicento, fulcro della composizione dei due appartamenti destinati alla duchessa, verso sud, e al principe ereditario, a nord. Spazio d’onore, è il punto di vista privilegiato verso il Po e la collina dove, con un disegno territoriale esteso alle due sponde fluviali, si riconosce la Vigna di Madama Reale, ora villa Abegg, esito di un progetto voluto da Cristina di Francia.
La decorazione del Salone, di cui si conservano gli affreschi sulle pareti è opera di artisti lacquali capaci di coordinare architettura e decorazione per risolvere anche superfici di notevoli dimensioni. Sulle pareti, uno sfondato prospettico è disegnato da grandi colonne tortili, che incorniciano affreschi celebrativi del valore militare sabaudo, tracciate a sostegno di una balconata arricchita da finte statue. La scelta dei soggetti delle scene dipinte e la stesura delle targhe esplicative è affidata, probabilmente, al noto letterato di corte Emanuele Tesauro affiancato da Filippo d’Agliè, personaggio colto vicino a Cristina di Francia.
Il Salone è decorato da Isidoro Bianchi da Campione e dai figli Pompeo e Francesco nei primi anni Quaranta del Seicento e, poco più di trent’anni dopo, dai Recchi e da Giovanni Battista Cortella, impegnati forse nelle riquadrature che scandiscono le storie narrate sulle pareti. Le intelaiature architettoniche sono modificate, nella prima fascia, negli anni Venti del Novecento quando sono inserite due targhe, realizzate da Gerolamo Poloni su disegno di Ludovico Pogliaghi, in ricordo degli allievi del Regio Politecnico di Torino caduti durante il primo conflitto mondiale.
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