Straordinaria architettura nascosta che disegna il tetto a falde fortemente inclinate della residenza fluviale, il sistema di copertura del Castello del Valentino è formato da una complessa orditura in legno che sostiene lastre in ardesia fissate a un tavolato. Con i primi lavori, affidati a maestranze savoiarde specializzate coordinate da mons. La Fortune nell’ambito del grande cantiere seicentesco, si costruiscono le coperture del corpo di fabbrica parallelo al Po e delle torri, disposte secondo il principio del pavillon-système francese. Nel 1858, quando il palazzo è scelto come sede della Sesta Esposizione nazionale dei prodotti di industria, si realizzano le maniche di collegamento tra i padiglioni in sostituzione delle precedenti terrazze, adottando soluzioni costruttive proprie della cultura ottocentesca.
Le carte di archivio documentano la scelta, negli anni Venti del Seicento, di alberi di «sappo» e di «maleso», ossia di pino e di larice, specie legnose ancora oggi riconoscibili. Studi e ricerche dimostrano, infatti, che il Castello è stato oggetto di una costante manutenzione coordinata, in età moderna, da personale qualificato incaricato di occuparsi di tutte le fabbriche ducali in Piemonte e, dagli anni in cui è sede della scuola politecnica torinese, dai docenti e dai laboratori di ateneo. Il manto di copertura in ardesia è sostituito in occasione delle celebrazioni per il centenario dell’Unificazione nazionale del 1961 quando, con una scelta eccezionale per la cultura del periodo, si mantiene la carpenteria lignea seicentesca. Ulteriori ripristini, appoggiati su un attento rilievo, puntuali studi diagnostici e analisi strutturali approfondite, sono datati agli ultimi decenni del Novecento. I lavori successivi, nei cantieri costantemente curati dal Politecnico, conservano ancora l’assetto originario, provvedendo alle necessarie opere di manutenzione.
La struttura della copertura «a padiglione» delle torri del Castello del Valentino è caratterizzata da falde molto inclinate, con manto in lastre di ardesia fissate a tavolato, sostenute da incavallature lignee. Il complesso è costituito da una serie di piccole capriate alla francese disposte secondo la luce minore, di dimensioni suggestive per l’esilità dei pezzi che le compongono, e da capriatelle tronche sulle teste dei padiglioni. L’orditura è legata sui piani di falda da quattro ordini di banchine che creano altrettanti riquadri di cintura, collegati da listelli di robusta sezione, paralleli al coronamento murario di gronda. Ne deriva uno schema lontano dai modelli tradizionali italiani, organizzato in più ordini di telai sovrapposti che sostengono un tavolato cui sono fissate le lastre di ardesia.
Sul finire degli anni Ottanta del Novecento, l’orditura lignea dei padiglioni del Valentino è oggetto di studi e ricerche al fine di risanare lo stato di degrado successivo ai lavori del 1961 quando il manto di copertura era stato sostituito con ardesia ligure, notoriamente geliva e non adatta a zone con clima continentale. I lavori, attuati con tecniche di intervento di tipo tradizionale, sono sostenuti da indagini approfondite che hanno fornito dati sulla consistenza della struttura, sullo schema statico, sulle caratteristiche fisiche del legno, sulla sua datazione, sullo stato del degrado. Ne sono derivate informazioni puntuali che hanno permesso di trasferire gran parte delle funzioni statiche principali ad elementi non originariamente destinati alle stesse, ma che, per consistenza e tessitura, si sono rivelati strumento utile per offrire la soluzione al problema del recupero.
Nei decenni successivi, avvalendosi delle più moderne tecniche e tecnologie di studio e di indagine, sono aperti nuovi fronti di ricerca, costantemente mirati a mantenere le caratteristiche tecnologiche e costruttive del manufatto originario.